3 agosto 2009

Antonio, a casa dopo 20 anni di posto fisso. “Ho perso il futuro senza avere colpe”, di Roberto Mania

Antonio Narciso abita da sempre a Cinisello anche se la sua azienda, la “Carlo Colombo”, stabilimento storico nei semilavorati di rame molto presente sui mercati europei e con clienti importati da Enel a Pirelli, sta (va) ad Agrate Brianza. Il suo ultimo giorno di lavoro è stato il 22 dicembre del 2008. Ma già da luglio di un anno fa si era capito che le cose si stavano mettendo male: crollo della domanda e del fatturato ( - 30/40 per cento), aumento dei costi. Terapia: spostare tutte le produzioni, macchinari compresi, nell’altro impianto di Pizzighettone, provincia di Cremona. E cassa integrazione straordinaria per gli ottanta operai. Fine dei turni per il ciclo continuo. Quei turni di sabato, domenica, di notte che davano reddito, oltre la media della categoria, fino a 1.700 e passa euro al mese, per un quinto livello. La cigs arriva a 870 euro al mese anche se l’incentivo all’uscita non è male: 24 mila euro distribuiti in dodici mesi. Ma finiranno. E poi?

Alla “Carlo Colombo” aveva lavorato anche il padre di Antonio Narciso per 35 anni, dall’arrivo a Milano, fino alla pensione. Lì anche diversi suoi parenti. Storie di immigrazione di un’altra Italia. «Per questo - dice - è stato più difficile accettare l’idea che fosse finita. Ricominciare non è bello». Ecco, ricominciare. Perché l’Italia, il paese della staticità sociale tanto che Antonio fa l’operaio come il padre, non è adatto alle ripartenze. «Ai primi segnali di crisi - racconta - mi sono iscritto alle agenzie private per il collocamento. Ho inviato il curriculum qua e là, da settembre a gennaio. Poi mi è passata la voglia. Sono andato a parlare con i padroni con cui avevo già lavorato. La risposta è sempre stata la stessa: “Siamo messi male anche noi. Dobbiamo mandare via la gente”. E nessuno mi ha mai chiamato». E Antonio, ancora quattro anni di mutuo da pagare, una compagna disoccupata («fa qualche ora») con un figlio a carico, ha capito che il suo futuro non sarà più tra le tute blu. La trafilatura del rame non sarà più il suo lavoro. Si cambia. Forse. Antonio si è iscritto a un corso di formazione della Regione per diventare infermiere nelle case di cura che assistono gli anziani. Servizi alla persona contro la manifattura. «Ci sarà sempre meno lavoro nell’industria», sostiene. Da metalmeccanico, l’élite della classe operaia, all’informalità delle cure agli anziani. Senza sindacato e con meno tutele. Antonio l’ha messo in conto. «Si ricomincia dal passato», dice. Tra i suoi colleghi è l’unico che si è iscritto a un corso. Gli altri si comportano come i classici cassintegrati: aspettano, illusi, che qualcosa accada. Scommettono sul fatto che chi assume un cassintegrato paga meno perché ha lo sconto fiscale e contributivo. Già, ma chi assume? Hanno fatto di recente un’assemblea alla Cgil di Monza per fare il punto, e nessun’altro sta cercando così un nuovo posto. Non vanno più alla “Carlo Colombo”. «Ci fa incazzare. Era la nostra seconda casa. Paghiamo una crisi di cui non abbiamo responsabilità». E questa diventa anche la chiave che pare sollevare i nuovi disoccupati. Essere in tanti fa perdere meno l’identità sociale. «Vergognarmi? E perché? Non sono certo l’unico, qui. E non è colpa nostra. Mi preoccupa l’età perché non sono più un giovane».

Antonio è tornato a scuola. Tutti i giorni dalle 18 alle 22, fino al prossimo mese di aprile. Previsti anche i tirocini nelle cliniche. In classe sono quasi una trentina. E la metà è composta da lavoratori stranieri, rumeni soprattutto.

«È la prima volta che sto a casa. Ho sempre fatto qualcosa. Faccio il casalingo, i mestieri, stiro, lavo, la spesa». È la disoccupazione. «Parola che non si può pronunciare a cuor leggero - hanno scritto una ventina di anni fa Aris Accornero e Fabrizio Carmignani, nel loro “I paradossi della disoccupazione” - . Si deve anzi pronunciare con la dovuta computazione: è un male sociale Vergognoso soprattutto per le società sviluppate».

(la Repubblica, venerdì 3 luglio 2009)

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